“Il pianoforte era una brava persona. Mi sedevo accanto a lui; poche delle mie dita erano sufficienti a stringerne molte delle sue, fossero bianche o nere; subito gli uscivano gocce di suoni; e combinando suoni e dita, diventavamo tristi entrambi.”
“Ora sono trascorsi alcuni istanti in cui l’immaginazione, come un insetto notturno, è uscita dal salotto per ricordare i sapori dell’estate ed è volata a distanze che nemmeno la vertigine o la notte conoscono. Ma neanche l’immaginazione sa chi è la notte, chi sceglie dentro di essa i luoghi del paesaggio, dove uno zappatore dissoda la terra della memoria e la semina di nuovo.” Nei tre racconti che compongono la raccolta – Ai tempi di Clemente Colling, Il cavallo perduto e il postumo Terre della memoria – l’autore uruguayano percorre gli impervi sentieri del ricordo e della memoria e indaga la materia oscura che porta alla loro formazione ed evocazione perché, come dice lui stesso, “non credo […] di dover scrivere soltanto di ciò che so, ma anche del resto”.
Felisberto Hernández è uno scrittore che non somiglia a nessuno: [...] si presenta ad apertura di pagina come inconfondibile. - Italo Calvino