“Ci sono cose che non si possono spiegare, che non c’è modo di spiegare se non a se stessi, che non tutti possono capire. Cose che non si possono raccontare.”
È il destino, inteso come un’eredità che si trasmette silenziosa e ineluttabile nella famiglia dello scrittore, a tirare le fila in questo romanzo. Le omissioni ci racconta la storia di tre uomini che si ritrovano, in modo diverso, a fare i conti con un identico impulso primordiale che li spinge a fuggire tagliandosi ogni ponte alle spalle. È il nonno, Carlos Monge McKey, il primo a sentire questo richiamo e a mettere in scena la sua morte per riapparire, all’improvviso, diversi anni dopo. In seguito il padre, Carlos Monge Sánchez, interpreterà a suo modo il retaggio familiare sparendo una prima volta per abbracciare la lotta rivoluzionaria e, da adulto, iniziare una seconda fuga al rallentatore. Infine toccherà al figlio, Emiliano Monge García, intraprendere una fuga più sottile, psicologica, costruendo un mondo fatto con gli scampoli delle vite altrui. Le gesta di questa stirpe di impostori si dipanano nell’arco di un secolo e s’intrecciano con la storia del Paese che abitano. Dalla nascita del narcotraffico ai gruppi guevaristi fino ai giorni nostri gli uomini della famiglia Monge inventano vite e morti, lottano con gli altri e con se stessi per trovare il loro luogo nel mondo.
Uno straordinario gioco di luci ed ombre che ci restituiscono un affresco vivido del Messico e una storia di uomini e padri soli che affrontano in modo inconsueto gli obblighi dell’eredità.
— El País