“Una presenza ha uno spazio limitato. L’assenza, invece, occupa tutto.”
In un’atmosfera di quiete apparente, una donna convive pacificamente con una scimmia, finché cala la notte e i confini tra la realtà e l’immaginazione si dissolvono, rivelando un pericolo in agguato. Una dogsitter porta a spasso un gruppo di cani e loro, mentre passeggiano, filosofeggiano intorno alla routine, la memoria e la morte. Partendo da una comune sensazione di tristezza, due musicisti raggiungono un’armonia perfetta, come se il destino ineluttabile di un pianoforte e di un violino fosse inscritto in quell’unione unica. Di fronte alla possibilità di adottare un nuovo cucciolo, una donna esita, si sente vecchia, ma ricorda in una sorta di catalogo affettivo tutti i cani che l’hanno accompagnata nel corso della vita. Forse un nuovo inizio è ancora possibile.
Alejandra Kamiya ci regala una raccolta di racconti che esplora il legame tra l’uomo e l’animale, tra il quotidiano e l’onirico, tra ciò che viene detto e ciò che viene solo suggerito. Ed è proprio in questi interstizi che la sua forza narrativa esplode, non in modo smaccato, ma con il sicuro pudore di una goccia d’acqua che attraversa ogni superficie.
In una piazza, un appartamento, in bagno o in una stanza, i racconti che compongono questo libro parlano di quei momenti imprescindibili e quotidiani che potrebbero passare inosservati, momenti che parlano di perdita e di lutto, di silenzi e di solitudine. – Río Negro
La sensibilità, il calore e il lirismo austero delle storie di Alejandra Kamiya fanno pensare che, invece di scriverle, lei le ceselli, con la cura e la precisione attribuite più agli orafi o agli ebanisti che agli scrittori. – Cristian Vázquez, Letras Libres