La parola alla traduttrice: A proposito di Phil

Come è stato prestare la propria voce a quel romanzo fiume che è Il centro del mondo di Andreas Steinhöfel? Lo abbiamo chiesto ad Angela Ricci, che lo ha tradotto per noi.

 

È cominciata come tutte le mie traduzioni: in ritardo. Perché il mondo dei traduttori si divide tra quelli disciplinati – ovvero quelli che fanno un piano di lavorazione e lo rispettano – e quelli che ci provano, che il piano lo fanno anche, ma è assolutamente insostenibile e infatti fallisce al giorno n.2. Io ci provo tutte le volte a passare nell’altra categoria, ma come si dice, se nasci tondo…

A quel punto, quando sei irrimediabilmente in ritardo, l’unico che può salvarti da angosce e sofferenze è il libro. Ci sono libri che non finiscono mai, si trascinano una pagina dopo l’altra e tu gli vai appresso sbraitando ai personaggi: “Dai, che ci vuole? Mettetevi insieme / svelate ‘sto mistero / giungete a fondamentali conclusioni sulla vostra esistenza e lasciatemi in pace”.

Ecco, con Phil non è andata così. Già, Phil, perché ogni libro che traduco si becca sempre un soprannome, e per me Il centro del mondo è stato da subito Phil. Non so perché, non è nemmeno il mio personaggio preferito (per chi fosse interessato: è Dianne), ma è così che l’ho chiamato per i lunghi mesi di traduzione. Amici e parenti lo conoscevano tutti: «Ah, ieri l’ho proprio trascurato, povero Phil»; «Facciamo un caffè veloce che devo tornare da Phil»; «Oh, non sai che sta succedendo con Phil!».

Forse il punto è che Phil mi sembrava l’unico in grado di capire la mia situazione. Anche lui come me andava avanti tra mille dubbi (ma sarà la parola giusta? Non è che poi non si capisce?); anche lui si sentiva sempre cronicamente in ritardo con la vita; anche lui se la prendeva con la sua incapacità di gestire situazioni che per tutti gli altri, apparentemente, sono semplicissime (ce l’ho con voi, maledetti traduttori disciplinati!).
E quindi io e Phil siamo andati avanti insieme. Insieme abbiamo aspettato con ansia di sapere chi si metteva con chi (per poi scoprire che non era per forza importante), insieme abbiamo sperato che i tanti misteri fossero svelati (se sì, e quali, e come, non lo dirò certo qui), e insieme ci siamo chiesti se alla fine qualche fondamentale conclusione sull’esistenza sarebbe mai arrivata.

Una conclusione che sicuramente è arrivata, ma era inevitabile, è stata quella del libro. Alla fine di tutti i lavori mi chiedo sempre come sono riuscita a farcela, ma con Phil me lo sono chiesta più del solito, perché tantissime volte nel corso della lavorazione sono stata sicura, sicurissima, che non avrei mai fatto in tempo. La risposta in realtà è facile, e non serve essere traduttori per indovinarla.

Mi è successo esattamente quello che succede quando la sera ti metti a leggere un libro che ti piace – solo mezz’ora perché domani la sveglia suona presto – e poi ti dici che magari puoi continuare un altro po’, solo un’altra pagina, vabbè, a questo punto potrei anche finire il capitolo… e poi alzi lo sguardo, è quasi mattina, e il libro è finito.

Ovviamente nel mio caso, come accade a tutti i traduttori ritardatari, era giusto giusto la mattina della consegna.

 

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