Un estratto de “La formica rossa”

Pubblichiamo un estratto de La formica rossa di Émilie Chazerand, nuovo titolo della collana Oltre. La traduzione è di Silvia Turato. Buona lettura!

Mio padre dice spesso che, un attimo prima di venire al mondo, ognuno di noi fa girare una gigantesca e invisibile Ruota della Fortuna.
Se è così, io ho avuto una sfiga pazzesca.
Per esempio: immagino che vi sia già capitato di voler essere qualcun altro. Un compagno di classe, un campione di calcio, una star internazionale, una persona qualsiasi. Ebbene, anche se io innegabilmente sono “una persona qualsiasi”, ho la certezza assoluta che nessuno su questa Terra abbia mai voluto essere me – neanche per un milionesimo di secondo.
La prima volta che me ne sono resa conto avevo nove anni e un fidanzatino. Si chiamava Pierre Siffère, portava tutti i giorni la stessa tuta verde bottiglia e aveva il più magnetico paio di occhi grigi del mondo.
Non appena vedevo Pierre, sentivo le ossa sciogliersi e colare lungo i muscoli delle gambe. (Poco pratico per camminare, ma assolutamente magnifico da provare.) Aspettavo ogni giorno quel misero minuto durante il quale lui mi avrebbe tenuto la mano per entrare in classe, in fila per due. Quando le sue dita umide e grassocce si avvolgevano attorno alle mie, a loro volta umide e grassocce, vivevo i momenti più intensi della mia vita.
Ma in capo a quattro giorni di passione bruciante, Pierre rifiutò di darmi la mano per incollarsi a ventosa a quella di Lucie Christos.
Il nostro grande amore era morto, senza alcun segno premonitore né rantolo di agonia. La mia ex anima gemella sotterrò definitivamente la nostra bella storia con una dichiarazione tanto assurda quanto crudele:
«Non ti amo più. Puzzi di pudding.»
Avevo mangiato il pudding solo una volta, all’ospedale. Avevo cinque anni, e l’oggetto del delitto troneggiava sul vassoio di mia nonna, che non lo voleva.
«Dai, mamma» aveva detto mio padre, «fai uno sforzo: il pudding è qualcosa che si mangia anche senza aver fame! Va giù da solo!»
Nonna Magda aveva storto il naso.
«Mi fa schifo. È tutto mollo, tremolante, bianchiccio… sembra il mio didietro, ecco! Guarda che non è che siccome uno non ha più i denti allora gli puoi rifilare delle schifezze del genere! Ho lavorato tutta la vita: a undici anni ero già nei campi di patate! Ho la mia bella pensioncina, una buona assistenza sanitaria e guarda cosa mi servono come pasto del condannato!»
«Ma smettila, su! Non sei condannata a un bel niente!»
«Sì invece. Guarda però che nel braccio della morte, alla vigilia dell’incontro con la Triste Mietitrice, gli assassini mangiano meglio di me! Ti sfido a dire che non è vero: ho visto il reportage in tivù! Forse dovrei uccidere qualcuno per avere un Montblanc alle castagne?» Papà aveva sospirato passandomi quella specie di budino industriale. Avevano ragione entrambi: quell’affare era insapore, insulso… insomma, una vera schifezza. Ma davvero andava giù da solo.
«To’, il mondo è bello perché è vario! Alla piccola piace! Meglio così, perché io odio gli sprechi. Ti piace eh, Miss Pudding?»
Io avevo sorriso annuendo esageratamente con la testa. Avevo imparato prestissimo come comportarmi con i vecchi, per farli contenti. Mia nonna era morta il giorno dopo, come aveva predetto lei, e mio padre ancora oggi si rimprovera di non essere andato a comprarle il suo Montblanc. Tutti gli anni nella ricorrenza della sua morte ne mangiamo uno. Per renderle omaggio, per così dire.
A seguito della mia rottura straziante con Pierre Siffère, avevo pianto. In classe. Davanti ai miei compagni. E alla maestra. Mi sentivo disgustosa, molla, tremolante e bianchiccia come il didietro di una vecchia. Per quella che era solo la prima di una serie interminabile di volte.
Pierre-Rachid, il mio migliore amico, era uscito dalla fila per venire a infilarmi la mano per niente umida nella mia. Mi aveva fissato intensamente prima di dire:
«Non so cosa dire.»
E non aveva effettivamente detto nient’altro, in un primo tempo. Poi però doveva aver avuto un’ispirazione perché aveva aggiunto:
«Lo trovo gradevole, il pudding. Non mi dispiace.»
Era stato gentile, anche se avrei preferito qualcosa di più di non dispiacere. Diventare più di gradevole. Volevo essere un Montblanc, ecco cosa! Ma per questo era già troppo tardi.

 

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